L’utilizzo massiccio del web e delle piattaforme social durante il lockdown ha esposto i giovani a un maggiore rischio di assistere a episodi di cyberbullismo o di esserne vittime. Ma cosa spinge gli individui a commettere atti di cyberbullismo? Lo spiega lo psichiatra Carlo Melodia: “È molto probabile che le persone che hanno tempo ed energia da dedicare alla distruzione degli altri – anche solo virtuale ma che produce ugualmente danni reali – e vogliono imporre un proprio potere, hanno anche poche capacità di vivere una vita sana nella realtà. Altrimenti- sottolinea Melodia- si dedicherebbero a esperienze più vitali e benigne. Perché quello che chiamiamo bene spesso è ‘vitale’, perché è qualcosa che ci fa bene. Se dedichiamo il nostro tempo a cose che ci fanno male- ribadisce l’esperto- è perché nella nostra esperienza, per me di origine più traumatica e cioè di violenza e di insoddisfazione dei nostri bisogni, il bene e il male si sono scissi e quindi si inverte la polarità di quello che cerchiamo”.
Alcune ricerche condotte durante il lockdown confermano l’aumento di episodi di cyberbullismo. Secondo l’indagine ‘Giovani e Quarantena’, promossa dall’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche e cyberbullismo, che ha intervistato 9.145 ragazzi tra gli 11 e i 21 anni, il 6% dei minorenni tra i 9 e i 17 anni sono stati vittime di bullismo in rete, mentre il 19% ha assistito ad almeno un episodio di violenza verbale.
Parlando del male in un senso più ampio, cosa muove le persone ad ‘agire il male’? “Nella vita- chiarisce Melodia- noi assumiamo delle funzioni etiche se abbiamo la capacità di vivere empaticamente il dolore degli altri oltre che il nostro. L’empatia, e quindi la capacità di vivere dentro la sofferenza che noi infliggiamo agli altri, ci impedisce di infliggerla o almeno ci impone di ridurla. Ci sono persone che non hanno empatia con se stessi, non avvertono il male come tale. Il cattivo, lo psicopatico- aggiunge l’esperto- è soprattutto chi, non avendo empatia o non avendone abbastanza, riesce a compiere il male senza avvertire in sé il male che sta facendo all’altro, anzi lo percepisce come potere sull’altro e quindi lo compie volentieri. E non avendo empatia- prosegue lo psichiatra- non ha sviluppato funzioni etiche, ovvero la capacità di immaginare ciò che è male per gli altri e poi cercare di non compierlo. Lo psicopatico non limita la propria capacità di compiere il male- chiarifica melodia- anzi la lascia andare, godendo della realizzazione delle cose peggiori”.
Coautore del testo ‘Il male agito’, Melodia ripercorre le espressioni storicamente più negative del male: “I mali più terribili sono le stragi, che siano di natura terroristica o di natura etica, come quelle di matrice religiosa o l’imposizione del proibizionismo o di altre forme di ‘bene’ condiviso in una categoria ma imposte a un’intera nazione. Pensiamo, ad esempio, al sistema mafioso che impone un sistema che un gruppo ritiene morale, e quindi crea una morale di gruppo per imporla a tutti gli altri, anche a coloro che non vorrebbero. Pensiamo- aggiunge lo psichiatra- al terrorismo di qualsiasi tipo, politico o religioso, in cui alcune persone si fingono maestri e sfruttano la sofferenza dei propri futuri adepti. Questi ultimi sono sempre persone emarginate, perché è difficile che chi sta bene, vive armonicamente e ha la pancia abbastanza piena, imbracci poi un fucile o si metta una cintura di esplosivo. Quello che racconto in un capitolo del libro- conclude Melodia- è che per convincere qualcuno ad autodistruggersi o a distruggere gli altri occorrono persone che abbiano vissuto esperienze traumatiche e abbiano un’etica e una morale predisposta a farlo”.